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Frutta al Paese quasi il 5% della ricchezza prodotta (4,9%, per l’esattezza: 68 mld di euro) e dà lavoro a un milione e mezzo di persone (il 5,7% dell’occupazione nazionale). Superiore, ad esempio, al settore della meccanica e dei mezzi di trasporto. Eccola la risposta a chi sostiene che la cultura “non dà da mangiare”: è contenuta nello studio ‘L’Italia che verrà – Industria culturale, made in Italy e territori’. Realizzato da Unioncamere e da Fondazione Symbola presentato a Montepulciano durante la seconda giornata del seminario estivo della fondazione, è il primo rapporto in Italia a quantificare il peso della cultura nell’economia nazionale. La ricerca smentisce chi descrive la cultura come un settore statico e rivolto al passato, inquadrandola invece come fattore trainante per molta parte dell’economia italiana, sicuramente una delle leve per ridare fiato ad un Paese in apnea”. Basti guardare la tendenza del triennio nero 2007-2010: la crescita del valore aggiunto delle imprese del settore della cultura è stata del 3%, 10 volte tanto l’economia italiana nel suo complesso (+0,3%). Dato che si riflette sul numero di occupati: saliti di quasi un punto percentuale (+0,9%, +13 mila posti) a fronte della pesante flessione del 2,1% subita a livello complessivo. Ancora: il saldo della bilancia commerciale del sistema produttivo culturale nel 2010 ha registrato un attivo per 13,7 miliardi di euro. A livello di economia complessiva, invece, la bilancia indicava -29,3 miliardi. L’export di cultura vale circa 30 miliardi di euro e rappresenta l’8,9% sull’export complessivo nazionale; l’import è pari a circa 16 miliardi di euro e costituisce il 4,5% del totale.

a cura di Symbola e Unioncamere

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