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“Un appello ad unirsi, a rinnovarsi attraverso non solo il digitale, ma anche modelli innovativi organizzativi nuovi, ridisegnarsi ponendo al centro il nuovo fruitore e riorganizzarsi. Da questi temi si deve partire”. Giovanna Barni ha riassunto così la richiesta del settore nel post-Covid ed espresso dal mondo della cultura dell’incontro promosso all’interno del seminario estivo di Symbola intitolato ‘Soft Power dell’Italia per la ripresa’ (preceduto da una prima sessione intitolata: ‘Il sistema produttivo culturale e creativo’) che è stato appunto aperto da una introduzione di Giovanna Barni, presidente di CultTurMedia e concluso da Ermete Realacci, Presidente della Fondazione Symbola e dal Ministro per i Beni e le attività culturali e turismo Dario Franceschini. Barni ha sottolineato come la crisi legata al Covid abbia messo in luce la necessità di una profonda innovazione del settore delle imprese culturali e creative e più complessivamente della cultura, oggi troppo frammentato.

“Occorre – ha sottolineato la presidente di CulTurMedia – una innovazione nella offerta di un sistema potenzialmente competitivo non solo grazie alle risorse naturali ma anche grazie al capitale umano, i saperi specifici e la memoria, ma che spesso non riesce ad esprimere questa potenzialità per l’assenza di un approccio di filiera e una visione d’insieme. Per questo servono riforme organiche che partano dalle indicazioni europee. In Europa l’impresa culturale e creativa è riconosciuta mentre da noi si discute ancora sulla compatibilità dei due termini e per singoli comparti. L’anno europeo del patrimonio  del 2018 e la convenzione di Faro hanno sancito il passaggio ad una governance partecipativa del patrimonio culturale che includa istituzioni ai vari livelli, privati e cittadini con modelli innovativi e nel rispetto dei reciproci ruoli. In Italia il sistema burocratico delle gare e delle autorizzazioni impedisce una messa a valore cooperativa delle risorse, che è condizione per liberare la capacità trasformativa della cultura, la moltiplicazione di impatti. Occorre sperimentare nuovi modelli aperti e inclusivi, il privato non solo finanziatore. Non esiste rilancio del paese senza cultura, o meglio senza quel ruolo trasversale della cultura che deve permeare  la ripresa verde, digitale e resiliente cui sono destinati i nuovi finanziamenti europei per la ripartenza”.

Le norme non più rinnovabili
Alcune norme, secondo Barni, non sono più rinviabili e ne individua in particolare tre. Innanzitutto, “una normativa che disciplini l’acquisizione della qualifica giuridica di Impresa Culturale e Creativa, indipendentemente dalla forma e dalla dimensione, corredata di un vero e proprio programma di sostegno. Ispirandosi alle procedure del nostro ordinamento alla Camera di Commercio potrebbe essere creata una sezione apposita”. La seconda, “nuovi modelli di governance e  di partenariato pubblico privato (nel quale l’impresa cooperativa può avere un ruolo importante e peculiare) che, a fronte di impegni e progettualità possano diventare soggetti beneficiari dei finanziamenti per lo sviluppo territoriale sostenibile a base culturale. La valorizzazione del patrimonio culturale, la concessione di beni dismessi, le aree a burocrazia zero, al fine di favorire la messa a valore di nuove destinazioni di turismo o hub territoriali dell’arte e della creatività, reti strutturate tra imprese e università. La scommessa consiste nella creazione di nuovi modelli, strumenti operativi partecipati e misti responsabili di progettazioni e gestioni e quindi direttamente beneficiari dei finanziamenti europei altrimenti dispersi nei vari livelli istituzionali. Uno sforzo corale, intersettoriale e interistituzionale”. Infine, “la normativa di tutela delle professioni intellettuali e del diritto d’autore (anch’essa di provenienza europea) affinché la transizione digitale non porti ulteriori guadagni ai giganti del web.  Serve tutelare il capitale umano, i saperi, la memoria che distinguono l’Italia nel mondo. Ma in una frontiera europea di piattaforme cooperative e non di sistemi pubblici”.

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