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La sbramatura è il primo passaggio della lavorazione del riso e consiste nel separare ogni singolo chicco dalla lolla, ovvero la buccia del cereale. Si tratta quindi di un sottoprodotto derivato dalla produzione agricola che, non trovando una sua utilità, viene puntualmente destinata allo smaltimento. Un enorme spreco di materia, in un Paese in cui oltre 200.000 ettari di terreno sono coltivati a risaie, cui un’azienda del biellese sta cercando di porre rimedio. Si tratta di Ricehouse, azienda B Corp Pending e fondata dall’architetta Tiziana Monterisi, che partendo dalle proprietà della paglia e dalla lolla di riso ha trovato il modo di impiegare questo materiale nella bioedilizia.

I prodotti edili firmati Ricehouse ottenuti dalle materie prime seconde della lavorazione del riso sono estremamente performanti e altamente sostenibili. Si va dall’intonaco di fondo, ottenuto dalla miscela tra lolla e calce, con capacità di isolamento acustico e termico, che riesce ad assorbire grandi quantità di CO2 derivata dall’inquinamento indoor, all’intonaco per finiture, prodotto esclusivamente da elementi naturali come pula di riso, argilla e polvere di marmo, che assicura un’elevata capacità di evaporazione eliminando l’umidità presente nelle murature. Dalla miscela tra lolla di riso e un legante formato da ossido di magnesio e amido di soia, invece, Ricehouse ha creato un pannello isolante termoacustico pensato per realizzare cappotti, solai e coperture, che a differenza dei tradizionali pannelli non prevede l’impiego di sostanze inquinanti come formaldeide o derivati dal petrolio.

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