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E' utile scavare nelle parole dette e usate per attraversare la pandemia. Capire quali danno speranza nell'anno della distanza fisica che si è fatta psichica. Prima è riemersa la voglia di comunità. Oggi, sia per il corpo da curare sia per le economie della ripartenza siamo appesi alla parola Istituzione. Lì cerchiamo scienza e sicurezza per vaccini e recovery plan nella metamorfosi economica. Mi sentivo e mi sento un pò spaesato con i miei microcosmi di comunità, rispetto ala potenza verticale di Big Pharma, dei big data e delle economie. Ed ero ancora più sorpreso dal titolo dell'ultimo libro di un mio filosofo di riferimento, Roberto Esposito, Istituzione ( Il Mulino ). Fiducioso nello iato tra Communitas e Istituzione per capire se fosse possibile ragionare delle "Istituzioni della comunità". Certo può apparire come un ossimoro, anche più radicale della dialettica, molto approfondita nel libro, tra movimenti e istituzioni, ma la lettura attenta del libro e della realtà sociale ci aiutano a capire quali possono essere momenti di incontro tra due polarità distanti nel loro essere orizzontalità dei sussurri e verticalità del diritto. E' un libro denso di tessiture sociali, partendo dall'essenziale ai tempi della distanza fisica della nuda vita ( Benjamin ) in cui " per restare in vita , non possiamo rinunciare all'altra vita, alla vita con gli altri, cui ci lega il senso più intenso della communitas."

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