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l rapporto “Io sono cultura”, alla sua dodicesima edizione, racconta un settore che ha sofferto più degli altri nel bienno della pandemia, ma che sta rinascendo, crescendo e diventando più forte attraverso nuove forme. È stato realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere, con la collaborazione del Centro Studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne, insieme a Regione Marche e Istituto per il Credito Sportivo. Anche quest’anno, la copertina c’è un volto disegnato da Fornasetti, che rinnova la propria comunione d’intenti con Symbola e il rapporto dedicato alla filiera dell’arte e delle bellezze italiane. «Cultura, creatività e bellezza sono la chiave di volta di molti settori produttivi italiani. Un esercizio al pensiero immaginativo, d’altro canto, è il punto di partenza di qualsiasi innovazione», ha dichiarato Barnaba Fornasetti. «“Cultura non è superfluo”, come ha affermato il presidente Mattarella, ma un elemento che rinsalda e trasmette tutto ciò che è necessario a una portata ben più ampia del più stretto e convenzionalmente inteso settore culturale»

Ha sofferto più dell’intera economia negli anni della pandemia, ma sta rinascendo più forte e sotto nuove forme. «La cultura ha pagato più di altri settori la crisi ma conferma il suo ruolo economico centrale. L’Italia deve essere protagonista» dice Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola
«Nel 2021 le imprese culturali e creative sono apparse ancora lontane dai numeri del 2019, anno pre-crisi pandemica: la variazione del valore aggiunto nel biennio è infatti pari al - 4,8%, rispetto al -1,2% a prezzi correnti del totale dell’economia», ha detto Andrea Prete, presidente di Unioncamere, «sebbene nel 2021 si sia registrato un recupero del +3,6%, questo non ha compensato le perdite del 2020. Il rilancio di questo articolato universo di aziende passa per: una rinnovata attenzione alla sostenibilità, ambientale e sociale; una dimensione sempre più digitale integrata a quella fisica, cosiddetta phygital, dei servizi; una crescente integrazione di settori, canali e contenuti».
I numeri della Cultura

«La cultura ha pagato più di altri settori la crisi ma conferma il suo ruolo economico centrale. L’Italia deve essere protagonista» dice Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola. Il Sistema Produttivo Culturale e Creativo dopo la crisi degli anni passati torna ad avere un segno positivo, registrando un incremento del valore aggiunto tra il 2020 ed il 2021 del 4,2%. Ma il rimbalzo del 2021 non ha permesso di recuperare il terreno perso e tornare ai livelli pre-pandemici, in particolare per quanto riguarda i settori afferenti alla sfera live. Tra questi, il biennio ormai alle spalle ha evidenziato una notevole contrazione della ricchezza prodotta soprattutto nelle attività dello spettacolo (-21,9%; corrispondente in valori assoluti a -1,2 miliardi di euro) e in quelle dedite alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico (-11,8%; pari a -361 milioni di euro). Una sostanziale crescita ha interessato, invece, il settore dei videogiochi e software (+7,6%), come risposta alla aumentata necessità di dotarsi di tecnologie informatiche per ovviare alle restrizioni in atto. Si riscontrano tendenze analoghe sul fronte occupazionale, con le performing arts che scontano maggiormente le criticità del biennio (rilevanti soprattutto nel corso del 2020) per via di una base occupazionale caratterizzata da contratti prevalentemente atipici (-15,6%; -17 mila addetti) e le attività di valorizzazione del patrimonio storico e artistico altrettanto incapaci di contenere le perdite (-14,6%; -9 mila addetti). Significativi anche i cali di performance.

L’Italia deve “fare l’Italia”

«Il cuore del rapporto è che, in Italia in modo particolare, la cultura è un fattore determinante dell’economia», spiega Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola. «Guardando ai numeri, il fatturato dei settori direttamente o indirettamente collegati alla cultura è di 252 miliardi di euro. È uno dei driver del nostro Paese nel mondo. Quando ci si sorprendere che l’export italiano abbia avuto riprese a due cifre, si sottovaluta la forza che può avere l’Italia quando “fa l’Italia”, incrociando qualità, bellezza e innovazione». Come si legge nel rapporto, il settore dà lavoro a 1,5 milioni di persone che producono ricchezza per 88,6 miliardi di euro, di cui 48,6 miliardi (il 54,9%) generati dai settori culturali e creativi (attività core) e altri 40 miliardi (il 45,1%) dai professionisti culturali e creativi attivi (creative - driven). Un sistema formato da 270.318 imprese e 40.100 realtà del terzo settore (11,1% del totale delle organizzazioni attive nel non profit). Ma a beneficiare della bellezza e della cultura sono anche settori legati a questi ambiti in modo indiretto, come turismo, trasporti e manifattura, che nel 2021 hanno raggiunto un valore pari a 162,9 miliardi di euro, facendo arrivare l’impatto della creatività a 252 miliardi di euro con una incidenza sull’intera economia pari al 15,8%.

Nord e Sud

Sia in termini di valore aggiunto sia di occupazione emerge una chiara differenziazione tra il Nord Italia e il Mezzogiorno. La grande area metropolitana di Milano è al primo posto nelle graduatorie provinciali per incidenza di ricchezza e occupazione prodotte, con il 9,5 e il 9,9%. Roma è seconda per valore aggiunto (8,5%) e quarta per occupazione (7,8%) mentre Torino si colloca terza (8,2%). Seguono, per valore aggiunto Arezzo (7,8%), Trieste (6,9%), Firenze (6,7%), Bologna (6,1%) e Padova (6 %).

Il nuovo Bauhaus

«La cultura non è solo una maniera per rafforzare la nostra identità», continua Realacci. «È un modo per rendere l’economia più a misura d’uomo. Non è un caso che l’italia sia leader nel design e non è un caso che l’iniziativa più importante del design nel mondo sia il Salone del Mobile. L’italia può diventare il leader del nuovo Bauhaus. E la grande sfida della transizione verde non si può mettere in atto se non si incrociano innovazione e tecnica con creatività, bellezza e arte. L’Italia ha tutti i numeri per essere protagonista di questo progetto e lo deve ai cromosomi del Paese».

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La cultura è ancora in crisi, ma vale oltre 88 miliardi: il rapporto di Fondazione Symbola - Valeria Sforzini | Corriere della Sera

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