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Il mondo sta cambiando e l'economia che ci ha guidato per decenni è inadeguata a gestire le crisi del XXI secolo. Con la sostenibilità avanzano nuovi modelli nell'uso delle risorse (green economy, sharing economy, circular economy, bioeconomy), nell'uso delle competenze diffuse (open innovation, crowdsourcing), nell'accesso all'informazione (platform economy), nell'accesso ai finanziamenti (crowdfunding, sustainable bond), abilitati dalle nuove tecnologie e dal digitale. Sfide che chiamano ad un'azione comune imprese, comunità, istituzioni, cittadini. È l'Italia di "Coesione è Competizione. Nuove geografie della produzione del valore in Italia", realizzato da Fondazione Symbola, Intesa Sanpaolo e Unioncamere in collaborazione con Aiccon, Ipsos e Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, che è stato introdotto oggi da Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola e Gian Maria Gros-Pietro, presidente Intesa Sanpaolo.

"La coesione, come ha detto il presidente Draghi, è un dovere morale. Ma è anche un formidabile fattore produttivo – ha afferma il Presidente della Fondazione Symbola, Ermete Realacci – in particolare in Italia, come dimostra ‘Coesione è competizione'. Anche per questo l'Unione Europea ha indirizzato le risorse del Next Generation EU e larga parte del bilancio comunitario 2021-27 per rilanciare l'economia su coesione -inclusione, transizione verde e digitale. Con l'obiettivo di azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050. Una sfida di enorme portata che chiede unità al Paese e vede protagoniste le imprese raccontate in questo rapporto".

Gian Maria Gros-Pietro, Presidente di Intesa Sanpaolo, ha commentato: "Il Rapporto Symbola, realizzato con la collaborazione di Intesa Sanpaolo, evidenzia l'efficacia dell'approccio coesivo. In questo particolare periodo, la collaborazione tra enti diversi ha portato risultati straordinari in campo economico, sociale e soprattutto della sanità. Intesa Sanpaolo crede nel valore della vita di comunità, sia essa di persone, di imprese, di Stati. In questa direzione vanno gli oltre 400 miliardi di euro di erogazioni a medio-lungo termine che la Banca destina a imprese e famiglie in ambiti strettamente collegati al Recovery Plan come transizione ecologica e digitale, infrastrutture, trasporti, progetti di rigenerazione urbana, a supporto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)".

"Anche nell'anno del Covid le piccole e medie imprese italiane hanno mostrato attenzione alla dimensione sociale, alle comunità territoriali e alle fasce più deboli. Infatti, non solo è cresciuto il numero delle imprese coesive – ha dichiarato il Segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli - che sono il 37% delle manifatturiere, ma un numero molto maggiore di imprese ha adottato strategie rivolte a un incremento della sostenibilità sociale e ambientale e a iniziative per venire incontro alle esigenze delle fasce deboli. Emerge anche che le imprese più sono coesive più sono competitive e riescono a sfruttare al meglio le loro potenzialità".

Secondo i risultati dello studio, le imprese coesive esportano di più (il 58% contro il 39% delle non coesive), fanno più eco-investimenti (il 39% contro il 19% delle non coesive, investono di più per migliorare prodotti e servizi (il 58% contro il 46% delle non coesive) e adottano maggiormente misure legate al Piano Transizione 4.0 (il 28% contro l'11% delle non coesive). Anche in previsione, le imprese che investiranno in processi e prodotti a maggior risparmio energetico, idrico e/o minor impatto ambientale nel triennio 2021-23 è sempre maggiore nel caso delle imprese coesive (26% a fronte di 12%).

Tra le imprese coesive è anche significativamente maggiore la capacità di rapportarsi con il mondo della cultura (attraverso operazioni quali donazioni, sponsorizzazioni, partnership con istituzioni culturali, ecc.): la quota delle imprese che dichiarano di intraprendere questo tipo di iniziative è infatti pari a 26% nel caso di quelle coesive, mentre per le aziende classificate come non coesive è dell'11%. Altro dato molto significativo è quello della digitalizzazione: la quota delle imprese che hanno adottato o stanno pianificando di adottare misure legate a Transizione 4.0 è pari a 28% per le imprese coesive, laddove per le imprese non coesive è dell'11%.

Nel 2020, le imprese coesive valutate tra le imprese manifatturiere con addetti compresi tra 5 e 499 incidono per il 37%, quota che tradotta in valori assoluti è di quasi 49.000 imprese. Con un aumento rispetto al precedente rapporto, nel quale il valore si attestava al 32%.

Anche se c'è ancora molto da fare, coesione vuol dire anche miglioramento del bilanciamento di genere: nel report si evidenzia che si sono compiuti passi importanti con un incremento delle donne nei cda delle società quotate passato da 170 nel 2008, il 5,9%, alle 811 di oggi, il 36,3%, mentre nei collegi sindacali si è passati dal 13,4% del 2012 al 41,6% del 2019, con 475 sindaci donne. La coesione rappresenta per le imprese un'occasione per accrescere il senso di appartenenza e soddisfazione di vita dei propri dipendenti (nel 2020 le erogazioni di welfare sulla base di contrattazione sindacale sono cresciute del 19,5%), per rafforzare le relazioni di filiera e distrettuali (le imprese ricadenti nei distretti secondo il monitor di Intesa Sanpaolo negli ultimi anni hanno visto crescere la produttività più delle imprese non distrettuali), ma anche per competere in un mercato che premia sempre di più gli atteggiamenti virtuosi. Sul versante degli investimenti, crescono quelli diretti verso aziende che dimostrano attenzione alla dimensione sociale e ambientale; crescono anche lato consumi, laddove appunto i consumatori, votando con il portafoglio o con i click, scelgono sempre più consapevolmente prodotti rispettosi dell'uomo e dell'ambiente e talvolta con il crowdfunding supportano le aziende più sostenibili.

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Intesa Sanpaolo, presentato il Rapporto "Coesione È Competizione" con Fondazione Symbola e Unioncamere | Il Messaggero

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