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Tutti questi casi evidenziano un fenomeno, positivo, per la creatività: quando, dentro un’organizzazione, un’istituzione o una comunità, si apre la porta della creatività è sempre difficile richiuderla

I casi e le buone pratiche che seguono riflettono i diversi percorsi che generano innovazione per contaminazione: tra creatività e business, tra pensiero divergente e focalizzazione, tra inusuale e ricorrente. Una sintetica antologia di situazioni che, con varie caratteristiche, hanno metabolizzato, con successo, il contributo indotto dalla creatività. In molti di essi il tema della trasformazione digitale si staglia come guida potente per l’innovazione ma anche come influente attivatore di attenzione per l’utente, per i suoi bisogni, per le sue richieste implicite ed esplicite. L’innovazione diventa fenomeno complesso, al di là della dimensione tecnologica che l’ha connotata in molta pratica e in altrettanta letteratura, per ridefinirsi nello statuto, nei processi, negli obiettivi, rendendo la persona, l’impiegato, il cittadino, la comunità, centro del motore creativo.

Le persone partecipano con le proprie competenze ai processi creativi, per stimolare, grazie a processi di facilitazione guidati da esperti, proposte e soluzioni inedite ed efficaci. È una sorta di maieutica della creatività contemporanea con i suoi metodi e i suoi strumenti: un concetto sintetizzato nei termini di Co-design, di design partecipato, di Co-creazione.

Co-Create, ad esempio, è un progetto europeo, finanziato con i fondi del programma Interreg Mediterranean, che ha l’obiettivo di attivare conversazioni tra (persone di) imprese creative e (persone di) imprese di settori maturi che hanno avuto scarsa o nulla relazione con le prime; la “contaminazione” è preparata con sessioni di training propedeutiche alla realizzazione di iniziative in presenza attraverso dei cosiddetti “creative camp”, guidati da esperti, dove ci si scambia idee e si verifica la possibilità di realizzarle; un caso di successo di Co-Create, è quello di un’impresa che realizza quadri di comando per l’automazione (G2 di Ghioldi srl) e che grazie al lavoro di Valerio Cometti + V12Design, studio di Industrial Design milanese, ridisegna completamente il prodotto (migliorandone l’uso e razionalizzando l’organizzazione dei componenti per migliorare l’interfaccia del sistema) per poi passare ad un contributo olistico, ridisegnando il logo, la corporate identity, la comunicazione, i padiglioni in fiera ecc.

L’esperienza del Team per la Trasformazione Digitale, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, valorizza i servizi della Pubblica Amministrazione, grazie a metodi, strumenti e approcci propri del service design e della user experience, indicando una strada per migliorare l’interazione con il sistema della pubblica amministrazione; Designers Italia, portale che racconta le iniziative del team, ha come claim: “disegniamo servizi digitali semplici per risolvere i problemi dei cittadini e restituire il buonumore”. Il team realizza periodicamente delle design jam (un altro modo di descrivere i creative camp visti sopra) invitando cittadini a partecipare per scoprire in primis il potenziale del design dei servizi applicato al pubblico e poi per produrre contributi concreti, opportunamente guidati, insieme ad essi.

A Milano la Fondazione Housing Sociale — nata su iniziativa di Fondazione Cariplo — ha promosso una Startup Community, un percorso abilitante per le persone che andranno ad abitare, insieme, i 20 mila alloggi che saranno costruiti entro il 2019 in tutta Italia (grazie ai 2,2 miliardi di euro del Fondo Italiano per l’abitare della Cassa Depositi e Prestiti). Un’iniziativa che è stata testata, con grande successo, nei progetti pilota di social housing della capitale meneghina (ad esempio nel complesso di via Gabetti/Cenni a nord di Milano). Da un anno prima del trasloco i condomini si incontrano per coprogettare i servizi e le modalità di gestione degli spazi comuni (lavanderia, giardini e orti, sala giochi ecc.) e servizi (baby-sitter condominiale, attività ludiche ecc.). Un percorso che porta poi a creare una comunità resiliente e attivata alla vita di gruppo, sostenuta da strumenti digitali come una piattaforma e un’applicazione che permettono di sbrigare gli aspetti logistico-organizzativi. Come dire: prima di pensare all’hardware (gli edifici e le case), costruiamo il software che renderà vivo e fruibile, in modo sostenibile, l’insediamento urbano.

Dell’abilitazione di una comunità, dunque di un software, usando la metafora precedente, si sta occupando anche una banca. Corrado Passera, manager di successo ma anche profondo estimatore del ruolo del design e della creatività per l’innovazione e la competitività, propone una visione della banca del futuro, partecipata e centrata sulle esigenze dell’utente. Con l’iniziativa Vai Oltre la Forma, per Illimity Bank, ha raccolto oltre 36.500 utenti (al primo maggio 2019) con l’obiettivo di costruire una community, attivata grazie ad un processo di gamification; lo scopo è quello di raccogliere idee, spunti, desideri sulla banca del futuro, per co-progettare le soluzioni finanziarie e bancarie più efficaci e più vicine alle reali esigenze delle persone. Il tutto interpretando alcuni segnali di cambiamento nei processi sociali, abilitati dalle reti, e che rispondono al tema più ampio della cosiddetta sharing economy, quell’economia che realizzerà entro il 2025 metà dei proventi del commercio mondiale grazie ad attività peer to peer (fonte PwC, 2014). Il co-design è anche un processo che abilita conversazioni, grazie a competenze che sono capaci di osservare, prima, e attivare, dopo, tali dialoghi.

Continuum è una design firm fondata dall’italo-americano Gianfranco Zaccai a Boston con sedi diffuse a livello internazionale, incluso Milano. In Italia la divisione che si occupa di design strategico e design dei servizi ha assunto una leadership internazionale per competenza e qualità dei risultati ottenuti in pochi anni dall’attivazione. Oggi Continuum fa parte del gruppo EPAM, una multinazionale focalizzata sul digitale e si occupa di diversi temi e, tra questi, anche di design a supporto dei processi organizzativi. A tal proposito ha collaborato con Unicoop Firenze, con un brief preciso: come cambiare le modalità di partecipazione sociale, ingaggiando le nuove generazioni, i soci e i volontari in un modo diverso, efficace e funzionale alla crescita della cooperativa e del benessere nel territorio. Lo ha fatto attualizzando la struttura organizzativa e costruendo meccanismi, dispositivi, spazi in grado di attingere ai comportamenti emergenti in società e di ingaggiare in modo diverso, più attivo e consapevole, i soci e futuri soci della grande cooperativa attraverso i suoi diversi pilastri: solidarietà, salute, benessere e ambiente. Creatività, insomma, come strumento per lo sviluppo territoriale, per attivare dialogo e confronto.

Facciamo Piazza è un progetto de Il Prisma (in collaborazione con Axa Investment Managers), una società che si è specializzata nel progetto di spazi ufficio, improntati alla creazione di quelle situazioni – di layout, di offerta di spazi, di comunicazione interna, di dispositivi abilitanti – che consentano un maggiore coinvolgimento dipendenti e lavoratori. Anche grazie a tale esperienza ha proposto durante la Design Week 2019 l’iniziativa Facciamo Piazza a Piazza Vetra a Milano, realizzando istallazioni in uno spazio che ad ogni ora potrà accogliere chi lavora, chi studia, chi vuole solo prendersi una pausa, interagendo con la scena straordinaria del luogo che ha, in San Lorenzo alle Colonne, il proprio fulcro. Un modo diverso di vivere la città grazie ad una piattaforma creativa, fatta di oggetti, spazi e informazione, che abilita un nuovo modo di viverla e, anzitutto, di guardarla.

La culturalizzazione dell’economia si nutre di storytelling. Sono le storie che abilitano talk-ability (in pratica: sono le cose nuove che fanno parlare di sé…) e che danno senso a cose, brand e persone. Milano Design Film Festival (MDFF) è una iniziativa che nasce grazie all’intuito di Antonella Dedini , Silvia Robertazzi e Porzia Bergamasco; un festival cinematografico di documentari che attiva un dialogo tra culture a loro modo visive e differenti (cinema e design), per rappresentare la dimensione culturale del design italiano e non solo; una frontiera di ricerca e narrazione che consente di comprendere non solo il “dietro le quinte” di designer, aziende e prodotti di successo, ma anche il complesso intreccio di aspetti, socio-culturali, economici, tecnici, che fanno il design. Una iniziativa che ha avuto un grande riscontro internazionale e che, partendo da Milano, viene replicata in altri contesti internazionali, da Shanghai a Buenos Aires.

Il focus sull’utente, anche qui preceduto da campagne di osservazione e dialogo con operatori, è evidente nel progetto del nuovo cockpit (centro di comando) delle navi della marina militare, realizzate da Leonardo, con il design di Digital Entity, un design studio di NTT Data, multinazionale giapponese che si occupa di consulenza per la trasformazione digitale. Un progetto che ha avuto la selezione dell’ADI per il premio Compasso d’oro nella sezione dedicata all’innovazione nel settore dei servizi. Leonardo era alla ricerca di un nuovo approccio progettuale per realizzare il progetto di interazione con i sofisticati sistemi di controllo delle navi, in primis con l’obiettivo di contrarre i tempi di decision-making dell’operatore. Digital Entity ha coinvolto gli utenti/operatori fin dall’avvio del progetto e il risultato è stato SADOC 4, un sistema multi-touch che migliora le modalità d’uso e l’esperienza dell’utente, anche attraverso un sistema di realtà aumentata, per rendere più semplice, rispetto al passato, il controllo per le manovre e l’uso di questi giganti del mare.

Nel progetto di protesi, spesso, ci si limita a dare una risposta funzionale al bisogno dell’utente. Il centro protesi di INAIL a Budrio e l’IIT - Italian Institute of Technology, hanno realizzato con la collaborazione di tre designer, Lorenzo De Bartolomeis, Gabriele Diamanti e Filippo Poli (DPP studio), Hannes, una mano artificiale, che riesce a recuperare, grazie ad un algoritmo di nuova generazione quasi il 90% delle funzionalità di un arto amputato. L’analisi dei designer ha rilevato aspetti significativi relativi all’accettazione, psicologica, della protesi da parte dell’utente finale. Non solo dunque l’ottima qualità prestazionale dell’arto artificiale, ma anche un buon disegno ergonomico e, maggiormente rilevante, una forma della protesi che perde i connotati di macchina per avvicinarsi, quanto più possibile, alle fattezze di una mano naturale.

Tutti questi casi evidenziano un fenomeno, positivo, per la creatività: quando, dentro un’organizzazione, un’istituzione o una comunità, si apre la porta della creatività è sempre difficile richiuderla. Il contributo delle imprese creative, e del design in questo caso, induce e favorisce un modo diverso di approcciare e risolvere (anzi, meglio: definire) i problemi, proponendo salti di scala e una costante circolarità tra visione di insieme e qualità del dettaglio. E questo avviene non solo nei settori tradizionali della creatività (dal fashion all’arredamento, dal cibo alla mobilità) ma in settori che sembrano essere, apparentemente, meno inclini alla contaminazione eppure, da essa, come visto, accortamente attivati in iniziative di innovazione capaci di innescare crescita e successo.

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