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La strada l’ha indicata chiaramente il presidente degli
Stati UnitiJoe Biden. Nominando un inviato speciale
per il clima, nell’autorevolissima persona dell’ex
segretario di stato John Kerry, ha fatto seguire alle parole
della campagna elettorale i fatti. Nel “climate plan” da
1.700 miliardi di dollari che dovrà essere supervisionato
proprio da Kerry, si prevede tra le altre cose il
raggiungimento della totale neutralità climatica per
il 2050 e il superamento dell’utilizzo di combustibili
fossili nel settore elettrico già nel 2035. Che detto dagli
Stati Uniti, primo produttore al mondo di petrolio, non
è poco.
Anche l’Unione europea nel suo Green New Deal haindicato l’orizzonte del 2050 per raggiungere la
neutralità climatica, prevedendo per il 2030 una
riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno
il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990. La transizione
ecologica e il contrasto alla crisi climatica sono tra le
priorità dei governi in diversi paesi europei. In
Germania, la cancelliera Angela Merkel -
soprannominata “klimakanzlerin” per la sua attenzione
al tema - ha lanciato un programma di decarbonizzazione estremamente ambizioso. In Francia e
in Spagna è stato istituito un ministero per la
transizione ecologica. In Italia siamo ancora
parecchio indietro: la questione ha difficoltà a trovare
spazio nel dibattito pubblico. Compare nelle agende
delle principali forze politiche in modo episodico,
sempre in posizione ancillare rispetto a quelli che sono
considerati temi più stringenti.

 

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