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Nicola Zingaretti dal conclave di Contigliano, in un`antica abbazia del Reatino, da segretario del Pd lancia una parola d`ordine: «Stiamo ricostruendo un progetto credibile per il Paese». Ma da presidente della Regione Lazio, Zingaretti la ricostruzione del terremoto del 2016 non l'ha neppure iniziata. Il Centro Italia, tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo è ancora un deserto di macerie. Alla mancata ricostruzione si aggiunge lo scavare tra quel poco che resta delle comunità, perché stanchi di promesse, deportati sulla costa, privi di ogni prospettiva, gli abitanti hanno abbandonato i paesi: i giovani restano sulla costa, gli anziani non hanno più la forza di vivere sulle loro montagne. La diaspora dei terremotati è la spia rossa accesa sull'Appennino: si rischia la desertificazione della «spina dorsale» dell'Italia. Che il sisma del 2016 ha reso esplicita. Solo le Marche hanno perso in tre anni oltre 10 mila residenti nelle zone terremotate. Dai comuni del cratere che rappresentavano il 22 per cento di tutta la popolazione della regione è scappato il 58 per cento dei residenti. Il motivo? Non c'è futuro. E se «domani» in quest'area è una parola abolita, la prospettiva è incertissima lungo tutti i 1.200 chilometri di montagna che corrono dal Colle di Cadibona alla Sila e oltre fino nell'Appenino Siculo. Ci abitavano 10,4 milioni di persone, ma il calo demografico degli ultimi due anni è stato pesantissimo: se ne sono andati quasi in mezzo milione.

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Così l'Italia abbandona gli Appennini - Carlo Cambi | Panorama

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