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Vogliamo sostenere il Paese nel suo sforzo di uscire dalla crisi?, vogliamo capire e promuovere il made in Italy? E allora non possiamo ignorare il ruolo della cultura, della creatività, e della coesione sociale

Vogliamo sostenere il Paese nel suo sforzo di uscire dalla crisi?, vogliamo capire e promuovere il made in Italy? E allora non possiamo ignorare il ruolo della cultura e della creatività (il sistema produttivo culturale) che è un fattore di innovazione, bellezza, competitività. Il perché lo spiega Fabio Renzi, segretario generale di Symbola, nell'intervista al Giornale delle Fondazioni. E lo dimostra Io sono culturail report di Symbola e Unioncamere , con la collaborazione e il sostegno dell’Assessorato alla cultura della Regione Marche, che rileva come la cultura muova il 15,3% del valore aggiunto nazionale (interessanti, a questo proposito, i contributi portati il 26 giugno a Macerata durante il Festival della Soft economy, e le riflessioni di Valeria Cantoni sul Giornale dell’Arte sul legame tra manifattura e cultura).

Né possiamo comprendere la forza del nostro modello produttivo se non andiamo oltre le chiavi di lettura delle agenzie di rating, per guardare da vicino il tessuto del made in Italy. Se lo facciamo – come fa Symbola in Coesione è competizione, realizzato insieme ad Unioncamere e Aaster, con la collaborazione di Aiccon - scopriamo che le imprese che hanno legami più profondi col territorio – le comunità, le istituzioni, le Camere di commercio –, che hanno a cuore non solo i profitti ma anche la crescita comune, sono più forti delle altre: le nostre imprese ‘coesive’ hanno registrato, infatti, nel 2013 aumenti del fatturato, rispetto al 2012, nel 39% dei casi, mentre fra le imprese “non coesive” tale quota si ferma ben al di sotto, al 31%.

E a proposito di come i nuovi modelli globali di produzione e consumo riscoprano questo valore profondamente radicato nel made in Italy, utili le riflessioni di Paolo Venturi (Aiccon) - "Mentre le nostre economie avanzate sono diventate “macchine” straordinariamente efficienti per soddisfare l’ampia gamma dei bisogni materiali, non altrettanto si può dire di esse per quanto attiene i bisogni relazionali" – e l’indagine del Mip del Politecnico di Milano sulle startup italiane che fanno innovazione sociale. 

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