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Fino a oggi, tutti i popoli sono periti per mancanza di generosità: Sparta sarebbe sopravvissuta più a lungo se avesse interessato gli iloti alla sua sopravvivenza. Viene il giorno che Atlante cessa di sostenere il peso del cielo e la sua rivolta squassa la terra. Avrei voluto allontanare il più possibile, evitarlo se si poteva, il momento in cui i barbari dall’esterno, gli schiavi dall’interno si sarebbero avventati su un mondo che si pretende essi rispettino da lontano o servano dal basso, ma i cui benefici sono a loro interdetti. Tenevo a che la più diseredata delle creature, lo schiavo che sgombra le cloache delle città, il barbaro che si aggira minaccioso alle frontiere, avessero interesse a veder durare Roma. Adriano
In Memorie di Adriano, Marguerite Yourcenar

“La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti, deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia”. La lungimirante visione di Adriano Olivetti, l’idea che la fabbrica fosse per l’uomo e non l’uomo per la fabbrica, è ancora attuale, a 110 anni dalla fondazione di un’impresa che teneva insieme innovazione e responsabilità sociale, rispetto dei dipendenti, attenzione al territorio, cultura. Olivetti ai suoi dipendenti offriva concerti in fabbrica e allo stesso tempo garantiva salari più alti del 20% rispetto alla base contrattuale, una settimana lavorativa di 45 ore (prima azienda in Italia), l’assistenza sanitaria aziendale, tre settimane di ferie e nove mesi di maternità retribuita alle dipendenti quando la legge ne prevedeva solo due. Univa a questa attenzione all’uomo una spinta innovativa, la stessa che ha portato alla produzione del primo computer. Una visione rivoluzionaria, allora come oggi, ancora presente nel nostro Paese, dove le aziende scelgono di coniugare tante dimensioni diverse e solo apparentemente distanti (culturale, sociale, ambientale, ecc.) con la capacità di innovazione. Un esempio per gli  imprenditori di oggi.

Perché essere imprese coesive premia. Questo studio, promosso da Fondazione Symbola e Unioncamere in collaborazione con Aiccon, giunto alla terza edizione, ce lo dimostra: le imprese in grado di coniugare innovazione e responsabilità sociale sono più competitive. Per affrontare le crisi, combattere le paure, migliorare la società e la vita di tutti è questo il modello a cui ispirarsi. Non sono sufficienti le pur necessarie misure e politiche economiche che i tempi richiedono: è necessario mettere in campo anche risorse immateriali. È necessario produrre visioni in grado di mobilitare le energie migliori del Paese, per rimetterlo in moto in una direzione condivisa. A partire dai nostri tanti talenti e dal modo tutto italiano di produrre ricchezza. Un modo lontano dalle formule dell’economia main stream e costruito invece sulla ricchezza delle relazioni e delle connessioni, che diventano competitività: l’innovazione che sposa le nostre tradizioni, la creatività, la sostenibilità e la bellezza che danno nuovo valore ai prodotti, le nuove tecnologie e l’economia circolare che rinnovano il modo di produrre; la coesione sociale, i legami coi territori, la valorizzazione del capitale umano e la responsabilità sociale che si fanno fattore produttivo.

È da questa Italia che fa l’Italia che si deve ripartire per dare a tutto il Paese quello slancio, non solo economico, di cui siamo orfani.
Gli ingredienti ci sono: il welfare aziendale, la cura dei lavoratori e delle loro famiglie, i legami indissolubili delle imprese con i territori e le loro comunità, il dialogo con i cittadini, i Comuni e le associazioni. E poi quella fitta rete di relazioni strutturali del miglior made in Italy — tra produttori, fornitori, consumatori — che sono i distretti. Relazioni alimentate e arricchite oggi anche grazie al web e ai social network.

I consumatori che anche grazie a questi strumenti, con quello che Leonardo Becchetti ha battezzato “il voto col portafoglio”, orientano le scelte delle imprese verso la sostenibilità ambientale e sociale.
Le dinamiche partecipative, la cultura della cittadinanza, le consuetudini antiche che alimentano la sharing economy, l’azione dei volontari, l’iniziativa dei gruppi territoriali, stimolate anche da misure come il baratto amministrativo. Tutto nella cornice, innovativa ma non inedita nel nostro Paese, della contaminazione tra valore economico e valore sociale. Il mercato premia questo atteggiamento: sia sul versante degli investimenti, sempre più di frequente diretti verso aziende che dimostrano attenzione alla dimensione sociale e ambientale; sia su quello dei consumi, laddove appunto i consumatori, “votando con il portafoglio”, scelgono prodotti rispettosi dell’uomo e dell’ambiente e con il crowdfunding riconoscono valore alle aziende sostenibili.

Non dobbiamo lasciare che lo sguardo si fermi ai nostri problemi: non solo il debito pubblico, ma le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia inefficace
e spesso soffocante. Dobbiamo avere la capacità e il coraggio di guardare il Paese negli occhi e riconoscere questi talenti. E da questi ripartire.

Coesione è competizione vuole essere, per il terzo anno, un viaggio di scoperta tra questi talenti, per coglierne i punti di forza, gli algoritmi, e farne patrimonio comune.
A cominciare dai risultati concretamente misurabili. Le imprese coesive — che intrattengono relazioni con le altre imprese, le comunità, le istituzioni, i consumatori, il terzo settore — registrano bilanci più
in salute: dichiarano infatti fatturati in aumento nel 53% dei casi, contro il 36% delle non coesive. Assumono di più: il 50% delle coesive ha aumentato l’occupazione nel biennio 2017–2018, tra le altre solo il 28% lo ha fatto. Esportano di più: hanno fatturato estero in aumento nel 45% dei casi, a fronte del 38% delle non coesive. Sono le stesse imprese che, grazie anche a una spiccata attenzione a valori come l’ambiente, investono di più in prodotti e tecnologie green (il 38% delle imprese coesive contro il 21% delle non coesive nel triennio 2015–2017), creano occupazione e benessere economico e sociale, investono in qualità.

Imprese coesive delle quali è possibile verificare la distribuzione regionale, che vede il primato della Lombardia (22,3% sul totale nazionale), seguita dal Veneto (19,0%), dall’Emilia Romagna (14,8%), dal Piemonte (9,8%) e dalla Toscana (6,4%). Così come è possibile vederne l’incidenza nelle regioni italiane, con in testa Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige (37,4%), seguite da Veneto (36,8%), Sardegna (34,7%), Emilia Romagna (34,3%), Piemonte (33,6%) e Umbria (33,3%), tutte regioni al di sopra della media nazionale. E in diversi casi, soprattutto nel Nord Est del Paese, questa presenza di imprese coesive si associa a livelli elevati di Pil pro capite. Prendendo a riferimento il Benessere Equo e Sostenibile Istat (BES) emerge un collegamento forte della presenza di imprese coesive con molte delle dimensioni prese in considerazione, e in particolare con il tema del paesaggio e del patrimonio culturale, con quello delle relazioni sociali, della qualità dei servizi, della raccolta differenziata, del lavoro e della conciliazione dei tempi di vita, della politica e delle istituzioni e, a riprova del collegamento con i temi più prettamente collegati allo sviluppo produttivo, anche al benessere economico. Tutte queste dimensioni sono state abbracciate da molte nostre imprese prima che nascesse la Corporate Social Responsibility. Oggi questo strumento, vigilato dalla Consob e reso obbligatorio da una Direttiva dell’Unione Europea per le aziende con più di 500 addetti, può costituire un rinnovato stimolo per dare maggior forza a quest’idea di economia.

La coesione si declina in modi molto diversi tra loro. Dal benessere in azienda all’attenzione verso gli immigrati, sono molteplici le sfumature che può assumere e i benefici che è in grado di apportare. Come dimostrano le best practice raccontate nel volume.

Callipo, grande azienda calabrese che, oltre a coinvolgere il personale in un processo di crescente fidelizzazione, restituisce al territorio il valore generato attraverso progetti concreti. Come Ferrero, icona dell’industria dolciaria italiana, erede del modello Olivetti che fa della fabbrica un luogo nel quale star bene sia durante la vita lavorativa che dopo, con attività che coinvolgono ex dipendenti e che si ripercuotono positivamente sul territorio di Alba. Per arrivare alla Cartiera Pirinoli, che del coinvolgimento dei dipendenti ha fatto il segreto della propria rinascita. E ancora UmbraGroup di Foligno, dove i dipendenti possono acquistare quote del pacchetto azionario, condividendo la responsabilità dell’impresa e favorendo alcune dinamiche di gestione interna.

L’unione crea lavoro e valorizza i talenti del territorio: 12-To-Many è il caso emblematico di come il made in Italy sia vincente se riesce a fare sistema. Ci sono poi organizzazioni che allargano le relazioni ad includere realtà più ampie, i clienti e i fornitori, in una parola agli stakeholder. Enel è impegnata in Italia e nel mondo nel coinvolgimento delle comunità nelle quali opera e dei fornitori nelle politiche di innovazione e sostenibilità portate avanti dal Gruppo, perché siano condivise e generino valore. La condivisione degli obiettivi è fondamentale per la creazione di prodotti di qualità, per questo
Carlsberg Italia ha riunito tutti gli interessati (clienti, tecnici, fornitori) per migliorare la tecnologia di spillatura che ha rivoluzionato il mondo della birra. Quando più attori forniscono il proprio contributo la conoscenza aumenta a vantaggio di tutti, come dimostra iGuzzini illuminazione, che dello scambio con le tante realtà del lighting design ha fatto il suo punto di forza per migliorare l’intero settore dell’illuminotecnica. O IMA, leader dell’industria meccanica, in grado di creare una rete con le piccole e medie aziende della propria filiera per migliorare i prodotti, l’accessibilità al credito, la gestione delle imprese e rafforzare lo sviluppo del territorio.

Per queste imprese essere radicate in un luogo è un principio vitale, perché in quel territorio riconoscono una parte importante nella costruzione del proprio valore, come Simonelli Group: che esporta in tutto il mondo le migliori macchine per caffè ma che ha tenacemente investito nella propria terra, le Marche, nonostante il terremoto del 2016, creando collaborazioni con gli attori locali quali l’Università di Camerino. Tra i campioni del made in Italy, anche Ferragamo ha da qualche anno intrapreso un percorso per rendicontare le iniziative legate alla responsabilità sociale, dalle giornate di volontariato aziendale alla realizzazione di una linea di abbigliamento eco-sostenibile. Unisce sostenibilità ambientale e sociale la piattaforma Treedom, che permette di piantare alberi dal pc e sostenere l’economia agricola di Paesi in via di sviluppo o il recupero di terreni in zone di mafia.

Il coinvolgimento dei territori chiama in causa anche le amministrazioni pubbliche che, di concerto con i privati, possono realizzare progetti virtuosi di pubblica utilità come nel caso di Progetto Beatrice, nato
in Valle Seriana per fornire nuove possibilità al welfare aziendale facendo crescere le aziende di servizi del territorio, con vantaggi per tutti.

Le Farmacie Comunali di Firenze, aderendo al network Apoteca Natura di Aboca, sono diventate presìdi di salute per favorire l’accesso di tutti i cittadini a esami e diagnosi di base. Essere coesivi vuol dire anche saper coinvolgere tutte le compagini sociali come fanno Banca Campania Centro, istituto di credito che riesce a coniugare crescita economica e sviluppo del territorio attraverso un atteggiamento aperto e dialogante; Start Refugees, startup innovativa in grado di connettere le offerte di lavoro occasionale e i rifugiati in cerca di lavoro; Giffoni Opportunity, evento dedicato ai ragazzi diventato negli anni un festival cinematografico internazionale. Per creare una cultura coesiva è indispensabile che le nuove generazioni, ma anche il mondo economico e finanziario, imparino a pensare in un’ottica di imprenditorialità attenta alla responsabilità sociale. I progetti di Invento Lab vanno in questa direzione: far incontrare imprese con finalità sociali e studenti per diffondere idee e conoscenza.

Consentire il dialogo di esperienze e mondi diversi, facendo incontrare le possibilità di uno con le esigenze dell’altro sono gli obiettivi di Cariplo Factory, che svolge la propria azione a favore delle startup, e del Forum per la Finanza Sostenibile, che si rivolge al mondo della finanza favorendo l’avvicinamento degli investitori ai temi della sostenibilità sociale e ambientale.

Con i suoi numeri e le sue storie, Coesione è competizione ambisce a mostrare come sia un errore relegare la società a mero contesto del mondo produttivo e della competitività. Perché la coesione, come abbiamo visto, è competizione: aumentando la dimensione coesiva, questo ci dicono i dati, migliora anche la performance economica. Atteggiamenti non coesivi rischiano di ripercuotersi negativamente sull’economia, al contrario la creazione di un clima coesivo genera un contesto favorevole per tutti gli attori economici. La società, la sua ricchezza e anche i suoi problemi vanno inclusi nel discorso economico, per rendere questo discorso meno freddo, distante, indifferente: meno lontano dalle cose degli uomini e per questo più efficace, come ci insegna anche l’economia comportamentale. Il made in Italy migliore lo fa. Non dobbiamo ascoltare le sirene che ci allontanano da questo modello produttivo e sociale che richiama quell’economia più a misura d’uomo cui Papa Francesco allude nella Laudato sì. A partire da questo patrimonio, dalle nostre radici più profonde, l’Italia può rafforzare la sua identità produttiva e il suo ruolo nel mondo.

Ermete Realacci Presidente Fondazione Symbola
Giuseppe Tripoli Segretario Generale Unioncamere

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