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Centralità della montagna e le megalopoli del futuro Al Festival della Soft Economy, organizzato da Symbola a Treia, si è parlato di "nuova centralità della montagna". L'evento, promosso dalla Società dei Territorialisti in vista del convegno del prossimo novembre a Camaldoli, dove s'intende dar vita ad un "manifesto" per una nuova agenda a sostegno della montagna italiana, ha visto la presenza di importanti personalità come Giuseppe Dematteis e Alberto Magnaghi. Discutere di "centralità" della montagna può apparire surreale, quando il pens iero mainstream ripete da tempo che il mondo sta andando in direzione della formazione di metropoli, vere e proprie città-stato in cui si concentreranno entro poco tempo i due terzi della popolazione mondiale. La prospettiva sembra, quindi, quella di una progressiva marginalizzazione delle zone montane, complice il circolo vizioso per cui lo spopolamento delle terre alte produce meno servizi e lavoro, e ciò a sua volta incentiva ulteriormente lo spopolamento. Se al declino delle zone montane, iniziato negli anni Sessanta, quelli che produssero la grande frattura dell'industrializzazione italiana e marchigiana, fatta di migrazioni interne dal sud al nord e dalla montagna alla costa, si aggiunge lo shock della grande recessione iniziata nel 2008 e, nel caso delle Marche, lo shock dovuto al disastro naturale del 2016/2017, possiamo immaginare quanto ampia sia la divaricazione tra la tipologia della montagna in abbandono e il profetizzato neo-urbanesimo delle megalopoli. In verità, non tutta la montagna è in abbandono:12 delle14 città metropolitane italiane comprendono territori classificati montani o parzialmente montani, mentre tra i Comuni capoluoghi e quelli con più di 60mila abitanti ben due terzi distano meno di151a-n dalla montagna. Inoltre, montagna sono anche le tante località di pregio turistico, come Cortina D'Ampezzo, dove si svolgeranno le Olimpiadi invernali del 2026. D'altra parte, se pensiamo alla crisi ambientale e climatica, quale luogo è più denso di futuro della montagna e dell'Appennino? Sembrano indicarcelo i fenomeni dei "nuovi montanari", dei "ritornanti" o anche i più innovativi dei estanti" o "resistenti". Ma sono sufficienti queste "avanguardie" a invertire un piano così inclinato dagli eventi? E, d'altronde, quale prospettiva empatica delineano davanti a noi città, frutto d i imponenti migrazioni, dove le tecnologie potrebbero avere il controllo totale sulla vita delle persone, la democrazia essere più un'aspirazione che una realtà e gli Stati contare meno delle città che incorporano?

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Centralità della montagna e le megalopoli - Daniele Salvi - Corriere Adriatico

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