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di Luca Corsolini   

Theresa May ci prova, ma in questo fine settimana di sicuro non ci riesce. A Londra c'era vera e propria invasione italiana. Pacifica ma determinata al punto che Lavazza, il caffè ufficiale di Wimbledon, come di tutti i tornei del Grande Slam, presenta uno spot con il suo testimonial Andrea Agassi in cui si va all'attacco di una istituzione inglese. Si parla di cup, e poi si vede la tazzina: caffè batte the 6-0, 6-0. 6-0. In un torneo passato per annunci da Rinascimento italiano, con Lotto che aveva al via 50 atleti, persino con il marchio Sergio Tacchini indossato dal Muller che ha eliminato a sorpresa Nadal.

Il fatto che è che noi, quando ce ne ricordiamo, abbiamo una storia e appunto alla storicità del marchio si è appellato Lorenzo Boglione, figlio di Marco, il gran capo di Basic Net, il gruppo di Kappa, Superga, KWay, Sabelt e Briko, quando l'anno scorso ha cominciato a pensare il recupero del marchio rondine della Superga. L'anno scorso c'era pure una ricorrenza: il 76 era stato l'anno magico di Adriano Panatta e del tennis italiano, così sono tornate nei negozi le scarpe con cui il numero 1 del tennis italiano vinse al Roland Garros di Parigi e in coppa David. Quest'anno invece è toccato a Ivan Lendl: scapa presentata per Wimbledon dove pure il ceco naturalizzato Usa non ha mai vinto e proprio per questo, perché è uno dei fascini di Wimbledon, è intimamemte legato alla storia del torneo.

Oggi poi ci si sposta da Wimbledon a Carnaby Street, e questa si che è una invasione, una annessione quasi.
Diadora e Roberto Baggio presentano una collezione ispirata alla scarpa che il divin codino indossava a Usa 94. Gli italiani che fanno leva sullo humour britannico: ci sarà senz'altro qualcuno che chiederà se col nuovo modello non si sbagliano i rigori.
Ma la storia è un'altra. Diadora era un gioiello del Made in Italy, poi si era persa. L'intervento di salvataggio era stato di Geox che oltre tutto aveva il prodotto, la scarpa che respira, per integrare al meglio le calzature quotidiane con quelle sportive. Ci fu un tentativo che, fallito, ha determinato la rinascita: Geox voleva vendere scarpe sportive nei suoi negozi che sono ovunque. Ma non c'era identità tra scaffali e prodotto, soprattutto il pubblico non riconosceva a Geox una matrice sportiva.

Così si è deciso di investire sulla ripartenza di Diadora. Enrico Moretti Polegato, anche lui come Lorenzo, seconda generazione, figlio di Mario Moretti Polegato, ha lavorato in ogni direzione per esaltare l'autenticità, la passione, l'heritage, ovvero il patrimonio di storia e di storie dell'azienda del marchio, per arrivare alla presentazione di oggi. In tempi in cui si va a produrre all'estero, Diadora ha persino evitato lo smantellamento di una linea di produzione, la manovia, e oggi produce in Italia: ovvio che la collezione principale sia quella Heritage. Non per niente un altro dei capitoli della storia scritta da Moretti Polegato è l'apertura del museo aziendale ( piccolo suggerimento: Edwin Moses correva con le Diadora e aveva la divisa Kappa, quando Torino conquistò addirittura gli Usa per i Giochi di Los Angeles dell'84 ), Con Baggio sono presentati due modelli di scarpe che portano il suo nome e una riedizione della tuta che tutti abbiamo in mente, anche perché il 94 è un capitolo ricco dello sport italiano, e non solo. Quell'anno l'Italia di Sacchi arrivò in finale ai Mondiali dopo il famoso labiale dello stesso Baggio rivolto all'allenatore, dopo l'infortunio con recupero lampo di Baresi. Finì tutto ai rigori.

Che oggi entrano con aiuto della tecnologia. Nella Match Blushield gli inserti in pelle di canguro che sono anche nell'altra scarpa sono impreziositi dal fatto che il modello è stato lavorato con trattamento tridimensionale e la tecnologia Blushield, brevetto Diadora, che aiuta ammortizzazione e reattività e tiene conto del comportamento asimmetrico del piede.

Il progetto è triennale e i conti sono facili da fare: nel 2020 ci sono gli Europei dei 60 anni Uefa. Europei itineranti, l'Italia sarà sede di un girone e si candida per ospitare la partita di apertura. Forse bisognerebbe ascoltare il coro della coppa Boglione-Moretti Polegato: una storia come la nostra non ce l'ha nessuno.

Luca Corsolini - Symbola

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