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di Luca Corsolini   

Sappiamo che c’è, che ha una sua rilevanza stimata in un valore di oltre 500 miliardi su base europea, stima riferita da Gianluca Santilli, avvocato, dunque in partenza persona seria, e persona che diventa serissima poi, strada facendo, anzi pedalando, perché per lui la bicicletta e’una passione assoluta.

Seguendo il discorso di Santilli riusciamo a raccogliere tanti, ma non tutti gli elementi che concorrono a formare questo straordinario patrimonio che vale sia come ricchezza che come opportunità, e infatti non a caso abbiamo parlato di bike economy nell’ambito del Festival della Soft Economy a Treia. Il titolo dell’incontro, in cui si è parlato pure di run economy, era un manifesto: Made in Italy, quando la ripartenza è una partita nuova, a intendere che pure un territorio come quello del Centro Italia può lasciarsi alle spalle il terremoto scegliendo di impegnarsi in settori e in modalità nuove partendo però da una certezza. Lo sport ha codificato, prima e meglio di altri settori, la natura costitutiva di ogni economia al tempo dei social: è la domanda che determina l’offerta, e la domanda, va da se’, è sempre diversa, è originale, è un insieme di tante domande diverse.

Dunque per avere davanti a sé la mappa di questa benedetta bike economy bisogna tornare a un vecchio esercizio da Settimana Enigmistica: bisogna unire i punti dall’1 al 21, sapendo che non sempre il collegamento diretto è il migliore, sapendo anzi che ogni collegamento è un viaggio a se. Prendiamo i giornali di lunedì 3 luglio ad esempio.

Una pagina intera della Gazzetta dello Sport per parlare della crono di apertura del Tour disputatasi in realtà due giorni prima. Perché un giorno era servito al gruppo per riprendersi dalla sorpresa di aver visto le ultime divise indossate dal team Sky, una delle squadre più ricche se non la più ricca in assoluto. Body, made in Italy, della Castelli che è un’azienda bellunese ma ha management internazionale, con quattro piastre che fanno parte integrale del “vestito”. Aerodinamiche, quanto più uno va veloce tanto più garantiscono un plus di potenza. Curioso anche il team che ha elaborato questo prodotto che, piano piano, arriverà anche al mercato dei cicloamatori: un ingegnere sardo specializzato in aerodinamica applicata che lavora all’Università di Oslo. Poi, ovviamente, la bici: Pinarello, un gioiello di tecnologia, telaio in carbonio aeronautico. Non è difficile capire perché un gruppo esperto di gioielli come Louis Vuitton abbia deciso di comprare questa azienda. E ancora le scarpe, made in Italy pure queste, della Sidi. Magari non è una sorpresa che il ciclismo, storia non solo sportiva per noi, storia del Paese, sia così tanto, e bene, influenzato, dal made in Italy.

Ma restiamo alla mappa con i punti da unire. Bastava, in realtà, voltare pagina, perché sempre lunedì si parlava della Maratona delle Dolomiti: 138 km con sette passi da superare e un dislivello di 4230 metri. Numeri tecnici, questi. Numeri che capiscono tutti questi altri: 9129 cicloamatori partecipanti, un fatturato di oltre 2 milioni, un indotto per il territorio di 12 milioni, 33 mila richieste di partecipazione, un gran traffico di pedivelle in arrivo da tutto il mondo e la decisione, coraggiosa, illuminata soprattutto, di chiudere i passi alle auto per una giornata intera, come succederà adesso anche durante la settimana. Dunque, l'eccellenza sportiva che si salda col mercato, un mercato che si chiama Mondo, perché in tutto il mondo si va in bicicletta e, trend degli ultimi anni, in tutto il mondo si paga volentieri se c'e' un evento che ti sfida proponendoti una gran fatica, una performance si dice con il vocabolario del turismo esperienziale, invece che qualcosa di più comodo.

Ecco, finalmente, la mappa della bike economy: settore florido del made in Italy, anche se in realtà il solito spirito di campanile ci impedisce di allargare l’orizzonte facendo squadra; il fenomeno e-bike che si annuncia con numeri ancor più sorprendenti, anche perché le biciclette a pedalata assistita permettono a tutti di scalare lo Stelvio o, più in basso, di sfrecciare nel traffico arrivando in ufficio in orario facendo un minimo di esercizio, e infatti si parla di numeri strabilianti di vendite che per un Paese produttore di bici come il nostro potrebbero valere balzi clamorosi per l’export a patto che si capisca prima e si investa poi anche nel completamento elettrico del prodotto e della filiera; il Belpaese che tale è per l’interpretazione che ne danno i cicloamatori frequentandone le strade più estreme, di sicuro alimentando un turismo specifico che già vale tantissimo anche perché la sua stagione è annuale perché la montagna va bene in primavera ed estate e la riviera negli altri mesi; le ricadute sociali in termini di salute ma anche di minore inquinamento, perché questo è il messaggio che il ciclismo può e vuole interpretare, non per niente il team Sky è nato a Londra all’insegna dello slogan “more bikes, less cars”, ovvero smettila di lamentarti del traffico e della congestion charge: pedala . Insomma, una ricchezza e una opportunità che valgono, in Europa, oltre 500 miliardi di euro.

Ogni gara, un manifesto diverso. Lo sa bene Santilli che prima ha unito le Gran fondo principali, tutte alpine, per squalificare chi, tra i cicloamatori, e scandalizzarsi vuol dire non aver unito almeno due punti tra l’1 e il 21, ricorre al doping, ma anche per cacciare chi getta i rifiuti fuori dalle aree previste dagli organizzatori che poi riconsegnano il territorio pulito. Poi ha fondato la Gran fondo di Roma, un urlo contro il traffico, una sinfonia per una mobilità nuova. L’impegno di far capire due cose: la prima, che non si tratta di una mobilità stracciona, ma intelligente, smart come si dice, che tiene le nostre città agganciate al circuito di altre capitali in cui la bici e’il mezzo del futuro; la seconda, che si tratta appunto di economia, di un settore allargato.

Perché Santilli ha ben evidente che oggi l’affermazione della bike economy ha bisogno di testimonial nuovi. I cicloamatori sono il 5% di quanti vanno in bici. Contano molto perché il raduno di partenza di una Gran fondo sembra un consiglio di amministrazione di una multinazionale, ma per crescere servono altri numeri. I cicloamatori ridono di se’. Una battuta gira nel gruppo: se muoio, dice uno di loro, spero che mia moglie venda le biciclette che ho in garage almeno per il prezzo che io le ho detto di aver pagato. Tradotto: questo 5%vive per la sua passione in modo quasi totalizzante, spende fior di soldi. Ma i cicloamatori sono anche seri nel fotografare che davvero questo è un settore fondamentale se vogliamo dare un futuro al Paese. Aggiungiamo un altro collegamento alla mappa per esempio: oggi le biciclette a pedalata assistita sono già presentate anche come l’ultimo e migliore dei deambulatori. Permettono di muoversi anche alle persone anziane, permettono di fare un esercizio fisico ancora sopportabile e dunque vitale.

Prossimo appuntamento, se proprio non avete una gara sottocasa, o anche la passeggiata che ormai tutti chiamano, senza arroganza, Bike Pride, dal 6 all’8 settembre per la Gran Fondo di Roma che ha come sponsor un altro nome storico del settore: Campagnolo.

Il problema è quello solito: non siamo bravissimi noi a fare squadra, l’ombra del campanile ci sembra più rassicurante del sole che splende su tutti. Ma abbiamo un vantaggio: siamo tutti cresciuti, più o meno, con la Settimana Enigmistica, e quel gioco di unire i punti dall’1 al 21 si chiamava La pista cifrata. Oggi dovremmo chiamarlo Bike economy.

Luca Corsolini - Symbola

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