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Il vocabolario della finanza si arricchisce di nuovi strumenti: dal credito bancario al green bond, dal crowdfunding al direct lending. Soluzioni sempre più adottate, capaci di restituire un nuovo valore all'economia, in grado di sviluppare una maggior sensibilità sociale e ambientale e di determinare un nuovo asset premiante nell'accesso dei mercati dei capitali.

Domenico Sturabotti

Credito bancario, crowdfunding, invoice trading, green bond, minibond, direct lending, initial coin offerings, sono alcune delle parole che popolano oggi il ricchissimo vocabolario della finanza.

Strumenti, che soprattutto in tempi di crisi sanitaria, serviranno alle imprese per avviare i necessari processi di ristrutturazione, aggregazione, ricapitalizzazione. Strumenti che necessitano della conoscenza del valore dell’impresa.

Informazione non semplice da ricostruire solamente attraverso dati contabili, in un momento in cui ciò che valeva prima potrebbe non valere più, e alla cui definizione concorrono sempre più asset intangibili come il capitale umano, i modelli organizzativi ma anche la qualità delle relazioni che l’impresa intrattiene con tutti i suoi stakeholder. Tutti fattori analizzati nelle pagine precedenti e che caratterizzano le imprese coesive. Per avere un’idea dell’importanza di questi asset ci viene incontro un recente studio di Brand Finance (1), che stima il loro valore pari addirittura al 76% di tutto il valore d’impresa delle società quotate Usa e il 51% di quelle quotate in Europa. Numeri che fugano dubbi sul valore delle dimensioni immateriali e relazionali dell’impresa e che ci dicono come stanno cambiando i mercati. Crescono così in Italia e all’estero banche che finanziano progetti in una logica di massimizzazione dell’impatto sociale o ambientale piuttosto che economico. Molto importante in tempi di Coronavirus. Una logica nuova che permette per esempio a categorie non bancarie, a cui è vietato dare credito dalle regole correnti, di essere valutate anche per la loro capacità di sviluppare progetti buoni. Una logica che ha guidato esperienze come Banca Prossima, oggi divisione Impact del Gruppo Intesa Sanpaolo, che grazie ad una decennale esperienza nel settore non profit ha sviluppato meccanismi di garanzia che permettono di erogare credito anche a quelle categorie di clienti che non avrebbero altrimenti le condizioni per ottenere un prestito.

Un esperimento che ha dimostrato nel tempo la sua validità e solidità, visto che il 65%-70% dei soggetti che hanno ricevuto credito tramite il fondo, superando la debolezza contingente, sono poi successivamente finiti in categorie di credito buone. Comportamenti etici, difesa dei diritti, qualità delle relazioni e capacità di entrare in sintonia con le diverse comunità a cui partecipa l’impresa, quella dei dipendenti, quella produttiva delle proprie catene del valore, quelle territoriali possono avere oggi un valore di mercato e diventano un asset premiante nell’accesso al mercato dei capitali. Ed è interessante vedere come l’appartenenza ad un network o ad una filiera possa migliorare le condizioni e la velocità di erogazione del credito per esempio da parte di istituti bancari, come accade con il già citato programma “Sviluppo Filiere”, che ha permesso a tante piccole e medie imprese di accedere al credito tenendo in considerazione gli “intangible” connessi all’appartenenza ad una filiera. Una misura che sta permettendo a piccole e medie di affrontare le spese sostenute durante il lockdown e sostenere gli investimenti necessari per la ripresa (2). A dimostrazione di quanto sia profondo il cambiamento dei mercati è interessante l’esito della quotazione in borsa del colosso britannico del food delivery Deliveroo (3).

Old building with letters bank on it

Annunciata come la più grande quotazione degli ultimi anni sul listino di Londra le azioni hanno chiuso la loro prima giornata con una perdita di oltre il 26%.

Sull’esito hanno influito le proteste dei rider, che chiedono maggiori tutele e salari più congrui ma soprattutto l’alta probabilità di non rientrare negli schemi previsti per gli investimenti socialmente sostenibili, escludendo così i titoli della società dai fondi delle grandi case di investimento sempre più orientate a criteri di investimento ESG.

Criteri che guidano sempre più gli investimenti. Dal 2015 a oggi le attività gestite dai fondi d’investimento ESG sono aumentate a livello globale di oltre il 170%. Da gennaio a ottobre 2020 in Europa questa categoria di fondi ha registrato afflussi netti di risparmio per oltre 150 miliardi di euro, l’80% in più rispetto all’analogo periodo del 2019 (4), tendenza che secondo una recente indagine condotta da Black Rock è destinata a proseguire (5). Esemplificativo il caso di Enel che anche grazie alla leadership nelle energie rinnovabili e nelle soluzioni energetiche avanzate finalizzate alla decarbonizzazione di altri settori, come quello dei trasporti, è riuscita a scalare la classifica Dow Jones Sustainability World Index (DJSI World) diventando prima nel 2020 e ad accrescere il peso degli investitori ESG nel capitale sociale passati nel periodo 2014-2020 dal 5,9% al 14,6% del capitale sociale (da 134 investitori del 2014 ai 244 del 2020). La spinta dei mercati, unita all’attesa di regolamentazione da parte di istituzioni locali e nazionali, sta quindi progressivamente invertendo i rapporti di convenienza sui mercati finanziari tra sostenibilità, profitti attesi e prezzi delle attività finanziarie. Studi recenti dimostrano infatti che, a parità di altri fattori concomitanti, il rapporto prezzo/ utili di imprese con elevata reputazione di sostenibilità sociale e ambientale è mediamente superiore a quello delle imprese che hanno una reputazione sociale e ambientale più bassa.

In altri termini il combinato disposto di queste due forze assieme alla percezione della gravità della situazione potrebbe finalmente allineare la sostenibilità economica, la sostenibilità ambientale e quella sociale.

Queste imprese anche grazie ad una forte relazionalità sono meno esposte, per i motivi che abbiamo descritto nei paragrafi precedenti, a rischi di conflitti con gli stakeholder, quindi godono di premi di rischio meno elevati nella valutazione finanziaria e dunque di rapporti prezzi/utili migliori. Tutto ciò non significa ovviamente che tutto vada bene, la crescita degli investimenti ESG e la crescente importanza del loro ruolo all’interno dei portafogli, fanno aumentare di pari passo il rischio di greenwashing, in un mercato in cui guidano ancora le performance, ma sono molti i segnali che ci fanno sperare che la direzione intrapresa sia ormai quella giusta.

 

(1)  Brand Finance (2020), GIFT – Global Intangible Finance Tracker.

(2) Programma lanciato nel 2015 da Intesa Sanpaolo a supporto del sistema delle filiere italiane.

(3) Paronetto P., Debutto da brividi per Deliveroo, crolla del 30% alla Borsa di Londra, Il Sole 24 Ore, 31 marzo 2021.

(4) Fonte dati Morningstar Research.

(5) BlackRock (2020), Global Sustainable Investing Survey.

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