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Qual è il nostro posto nel mondo? Quale ruolo spetta all’Italia sulla scena globale del XXI secolo? Se qualcuno aveva dubbi, la durissima crisi – che, dopo 8 anni, finalmente sembra allentare la sua morsa – ci ha insegnato che niente è più come prima, che non basterà tentare di spostare indietro le lancette dell’orologio e tornare alle nostre abitudini. Sul terreno restano imprese, posti di lavoro, e tante presunte certezze: la crisi ha accresciuto le disuguaglianze, reso più aggressive le mafie, più intollerabile la corruzione, mentre resta soffocante la burocrazia. Ma questa stessa crisi ci ha dimostrato anche che abbiamo tutte le caratteristiche – talenti, capacità, risorse – per tornare a competere, e vincere. Dobbiamo avere fiducia in questi talenti unici, nelle nostre capacità irripetibili e sempre più richieste sui mercati. Dobbiamo guardare al mondo senza complessi, con coraggio, e senza tradire il nostro dna. Riconoscendo, innanzitutto, il valore delle nostre tradizioni, del nostro sapere fare, della bellezza e della cultura: un valore reso ancora più desiderabile agli occhi esterni, grazie anche all’affermazione di stili di vita e di consumo più sostenibili e responsabili. E dobbiamo rinnovare queste tradizioni, avendo l’ardire di sfidare – tante imprese lo stanno già facendo – le novità che il presente e il futuro pongono sul nostro cammino: novità che potremmo cavalcare, scommettendo sulla ricerca, sulla nostra creatività, sulle potenzialità della green economy; e puntando sulle tecnologie avanzate, sul web, sull’economia della condivisione.
Per questo Cna e Symbola sentono il bisogno di fissare, nero su bianco, dati di verità che tanti hanno finora sottovalutato – altri, addirittura, ignorato o svilito. Verità pienamente incarnate dalle PMI che, dunque, mostrano di rappresentare la spina dorsale del made in Italy.

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