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L’Italia sta muovendo i primi passi fuori dalla crisi. Eppure il Paese deve affrontare problemi che proprio la crisi globale ha aggravato, ma che vengono da lontano:  la scarsa mobilità sociale, l’economia sommersa, la criminalità, il Sud che fatica a colmare il proprio ritardo, una burocrazia spesso inefficace, un peso fiscale squilibrato.
Tutti elementi che appesantiscono la società, che impediscono il rinnovamento, aggravano l’attività produttiva e non permettono alle energie imprenditoriali di esprimersi appieno. Ma l’Italia deve essere anche all’altezza delle sfide e delle opportunità che il mondo ci pone: le nuove politiche e sensibilità ambientali, i nuovi mercati, la crescita di classi medie in Paesi che definiamo ancora ’emergenti’ (come Cina, India, Corea del Sud), il crescente desiderio di made in Italy e di qualità. Serve un’idea di futuro, che muova dalla consapevolezza dei nostri punti di forza. Non tutti i settori sono pronti.
Tuttavia, sono numerosi i casi in cui abbiamo saputo cogliere la sfida della competitività internazionale, puntando su un modello ancorato all’indissolubile trinomio che caratterizza il made in Italy: creatività, qualità e innovazione, sempre più spesso legate alla green economy. La nautica è uno di questi. Basti pensare come dall’analisi dettagliata dei dati sul commercio internazionale spicchino oltre 220 prodotti in cui l’Italia ha il primato competitivo assoluto, e fra questi la nautica detiene l’8° posto.
Dopo anni non facili, con un mercato interno quasi scomparso, le imprese italiane del settore hanno ripreso a crescere, soprattutto sui mercati esteri. Si rafforza, infatti, il primato indiscusso della nautica made in Italy, grazie alla capacità delle aziende della Penisola di puntare sulla qualità e sull’innovazione, spinte dall’immagine positiva che i consumatori di tutto il mondo legano alle nostre produzioni. La nostra quota di mercato – cioè l’incidenza delle esportazioni italiane sul totale globale – durante la crisi continua a crescere, supera il 20%. Soffermando l’attenzione sulla sola produzione di imbarcazioni e yacht da diporto con motore entrobordo, facciamo ancora meglio, assorbendo più del 30% della domanda internazionale. Un risultato che non parla solo di competitività industriale, ma anche dell’economia del Paese: basti pensare che il surplus generato dalla nautica, da solo, è superiore a quello della produzione di pasta non farcita o degli occhiali, e contribuisce per oltre il 4% al surplus complessivamente generato dall’economia nazionale.
La nautica italiana è il “cuore manifatturiero” della nostra economia blu, alla cui ricchezza di competenze, professionali e tecniche, va riconosciuto non solo un grande valore industriale ed economico, come uno dei settori in grado vincere la competizione sui mercati internazionali, ma anche uno straordinario valore legato all’immaginario, all’idea di Italia, patria della qualità e della bellezza, che anche grazie alle barche fa il giro del mondo.
Far ripartire il mercato della nautica è assoluto interesse del Paese.

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