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di Luca Corsolini   

“Mettiti le scarpe!“, è uno dei rimproveri classici in una famiglia italiana, ma negli ultimi anni è diventato, specie in ambito sportivo, una nuova declinazione di quello slogan che ci fotografa come Paese di santi, poeti e navigatori. Oggi noi siamo anche un popolo di corridori, con eccessi tipicamente nostri come lo svolgimento in contemporanea delle due maratone più importanti, a Roma e Milano, il 2 di aprile. Inutile fare il tifo per uno dei due contendenti, ragionevole sperare che per il 2018 si trovi quell’intesa non raggiunta per quest’anno. Abbastanza evidente che il primato tocchi, nel 2017 e forse definitivamente, a Milano: organizza Rcs, una macchina da guerra con Gazzetta ed Rcs sport, oggettivamente, che invece di munizioni spara il carico benefico della Relay Marathon che fa correre per beneficenza circa 3 mila quartetti (dal 2010 il programma ha raccolto oltre 3 milioni e mezzo di euro distribuiti a 300 diverse associazioni); e per la diciassettesima edizione lo sponsor è EA7, ovvero Armani, lo stesso che fornisce le divise olimpiche per gli azzurri al Coni: a dire che oggi il running è una moda collettiva.

Poi, ovvio, “mettiti le scarpe” non è solo un rimprovero, è il manifesto di un Paese pieno di artigiani, e industriali calzaturieri. Semmai, nello sport, si immagina che il mondo sia dominato da big come Nike e adidas, con l’aggiunta di Asics (che di italiano, anzi latino, ha proprio il nome, l’acronimo che riassume una filosofia: Anima Sana In Corpore Sano ), e invece anche qui, soprattutto qui verrebbe da dire, vinciamo le nostre medaglia d’oro. Non solo perché il distretto di Montebelluna è il centro produttivo per le scarpe da calcio di alcuni big, ma appunto perché siamo un popolo di camminatori, di corridori, di gente che magari ha abbracciato la nuova dottrina del running senza conoscerne le ragioni profonde, semplicemente cercando un rimedio contro il logorio della vita moderna, dunque impegnato a scoprire sempre percorsi nuovi.

E così “mettiti le scarpe” diventa anche un inno alla ribellione. Non siamo nati con le scarpe dicono i filosofi del barefoot, della camminata e della corsa a piede scalzo. Abebe Bikila non ha vinto scalzo la maratona di Roma nel 1960? Non abbiamo tanti chilometri di spiagge dove le scarpe non servono? E a chi piace la montagna invece del mare? In Alto Adige ci sono alberghi che presentano percorsi speciali nel loro parco e nelle vicinanze: come il Seehof Nature Retreat di Naz, oppure come il Garberhof Resort di Malles che si ispira a Sebastian Kneipp, l’abate che già nell’800 consigliava di camminare scalzi affrontando nel percorso acque calde e acque fredde per dare benefici alla circolazione.

Ma restiamo per un attimo ancora all’interpretazione originale del rimprovero. Ad Arcisate, vicino a Varese, esiste il leader mondiale delle suole. È la Vibram. La sigla serve a presentare il fondatore dell’azienda: Vitale Bramani nel 1937 si inventa, proprio per bisogno, la suola Carrarmato. Da lì, la Vibram è come se indossasse ... gli stivali delle sette leghe: firma la conquista del k2, diventa sinonimo di garanzia per tante aziende che aggiungendo il classico marchio esagonale e le suole che lo contraddistinguono conquistano il mercato. E il mercato cambia di ... corsa. Oggi la Vibram presenta un prodotto originale che si chiama Five Fingers, una scarpa non scarpa, se volete la scarpa per ciascun dito, dicendo che la camminata che ci si può permettere con questi ... guanti ai piedi è più salutare, ci rende più felici, ci mantiene collegati con il resto del corpo in modo migliore. Non si pensa solo alla tribù degli scalzi: i tecnici studiano con Lenovo una scarpa, smart shoe ovviamente il nome del progetto, che globalizza la nostra matrice di santi, poeti e navigatori. Impossibile perdersi, e se proprio ci si perde si finisce magari davanti a una delle Vibram Academy, negozi dove si possono cambiare le suole, prenderne nuove, continuare il proprio cammino.

La montagna come ispirazione. Narciso Delladio è un artigiano che fabbrica zoccoli in legno e scarponi in pelle per i suoi vicini di casa in Val di Fiemme. Arriva una prima volta alla Fiera di Milano nel 1928, giusto che risalga a quell’anno la storia de La sportiva, una azienda che produceva una scarpa di servizio diventata, strada facendo, un gioiello ai piedi di quanti nel frattempo, correndo correndo, hanno superato l’ultimo confine inventando il mountain running. La sportiva diventa a Ziano di Fiemme un brand, diciamo pure il brand nel settore, dunque può permettersi scelte ardite come quella di presentare un prodotto giallo e viola. Il tocco di Made in Italy viene spruzzato, significativamente, sull’impegno ambientale dell’azienda che reimpiega circa il 50% degli scarti, e in particolare riutilizza gli scarti in gomma per realizzare pavimentazioni anti trauma.

Vitale, Narcisio, mettiamoci pure Dorando (Pietri: il non vincitore di una gara più famosa al mondo): i pionieri delle scarpe sportive hanno oggi tanti eredi anche da noi. Nessun brevetto ha prodotto royalties per generazioni di genitori che hanno urlato ai figli di mettersi le scarpe: sono le regole del mondo degli affari.

Luca Corsolini - Symbola

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