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di Luca Corsolini   

Per capire tanti dei problemi che affliggono lo sport italiano e il principale in particolare, la distanza dalla società che non è una scelta ma una condanna, bisognerebbe farsi un giro al Foro Italico, uno dei più grandi parchi sportivi del mondo, un giardino che da noi è percepito da tanti solo come una lunga anticamera dell’Olimpico.

Intendiamoci, il Foro Italico è un posto di una bellezza unica. Alle pendici del Monte Mario, quasi affacciato sul Tevere, ricco di verde. C’è solo l’imbarazzo della scelta: lo stadio dei Marmi intitolato a Pietro Mennea è forse la poesia più alta, circondato da statue regalate dalle province italiane e rappresentanti le discipline sportive più diverse, perché la missione affidata all’impianto era quella di ospitare ogni tipo di sport, lasciando al calcio il solo stadio dei Cipressi diventato poi Olimpico. Poi, lo stadio Pietrangeli, altrettanto bello, custode antico del moderno Centrale del tennis che presto sarà pure coperto e in questo preservato nel suo ruolo di bancomat del tennis italiano e dello stesso Coni che grazie alle due settimane degli Internazionali guadagnano fior di milioni. Al Foro Italico bisogna persino stare attenti a dove si passeggia: a terra, lungo la Walk of Fame inaugurata nel 2015, ci sono delle targhe che ricordano le leggende dello sport italiano, è come sfogliare un album Panini nazionale camminando.

Infine, il palazzo H, così detto dalla forma che ha l’edificio. Il Salone d’onore ha affreschi alle pareti che sono stati recuperati, nel senso di liberati, solo nel 1999. Ironia della sorte, è stato un sindaco di sinistra, Walter Veltroni, che ha smesso di vergognarsi per quel Mussolini imperante sulle pareti e, in realtà, imperante in tutta l’area, tanto che la stessa era chiamata anche Foro Mussolini. Fino al ‘99, e in parte ancora oggi, lo sport non riusciva proprio ad affrancarsi dal Foro Italico, dal suo essere una dimostrazione evidente, schiacciante, del legame profondo del fascismo con lo sport e con una certa interpretazione, muscolare e classicheggiante, dello sport. Forse è stato per prendere le distanze da questo rapporto che nel dopo guerra lo sport è stato guardato con sospetto, visto e vissuto come antitetico rispetto alla cultura.

Ma adesso lo sport si sta affrancando dalla bellezza quasi paralizzante del Foro Italico e lo fa appunto con la vitalità imposta all’area dal Coni e in particolare da Diego, il direttore marketing, gran signore dell’area, che trasforma in evento ogni suo intervento. L’evento, il riassunto naturale dello sport al massimo livello, è una esperienza memorabile per chiunque, dall’atleta allo spettatore: non è solo una partita, è qualcosa di speciale. Proprio basando il torneo di tennis su questa logica gli Internazionali sono diventati un successo. Proprio trasferendo qui il Sei Nazioni di rugby dal Flaminio, la nazionale della palla ovale si è fidanzata con il Paese, facendo scoprire a tutti il Terzo tempo, ovvero l’essenza del rugby, una festa per avversari che finita la partita tornano amici, l’opposto della rivalità infinita del calcio. Proprio pensando che ogni struttura possa essere continuamente diversa c’è stato il taekwondo sul campo Pietrangeli e ci sarà a settembre sul campo centrale la partita inaugurale dei Mondiali di pallavolo. Non una partita, un evento, un lungo oohh di meraviglia che magari aiuterà pure gli azzurri che in altri impianti non hanno il pubblico così vicino, su tribune tanto verticali.

Affrancandosi dalla bellezza del Foro Italico, in realtà per riprodurla altrove, Diego Nepi reinventa Piazza di Siena, la fa tornare un salotto, affidando al Coni pure il ruolo sociale di custode di un patrimonio pubblico lasciato un po’andare negli ultimi anni: non solo sport equestri, sport city. Andando lontano dal Foro Italico, a Milano, il team di Nepi trasforma subito in un successo il torneo Next Gen di tennis, dedicato ai nuovi campioni e votato al ruolo di laboratorio innovativo per capire come mantenere il codice genetico della disciplina adattandola ai tempi moderni, più televisivi, più tecnologici.

Adottando per il Foro Italico i tempi social, 24/7/365, soprattutto applicando al Foro Italico la lezione dei tempi social che lo sport ha capito prima e meglio di altri, ovvero che è la domanda a determinare l’offerta, Nepi sta persino pensando di trasformare lo stadio dei Marmi in un running hub, un posto dove si può andare a correre in ogni momento della giornata, ovviamente con l’impegno di garantire un servizio a chi arriva di notte come a chi si è presentato di giorno. E così, finalmente restituito, consegnato forse alla gente, invece che riservato a pochi, il Foro Italico è un gioiello pronto per essere scoperto da tutti. Un gioiello di architetture, ma anche è soprattutto un gioiello sportivo.

Luca Corsolini - Symbola

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